Con la sentenza n. 1482 del 16 giugno 2025, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia ha segnato un importante punto di svolta nell’interpretazione della disciplina sul credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, previsto dall’art. 3 del D.L. 145/2013. La pronuncia si distingue per aver riconosciuto la non rilevanza dei cinque criteri del Manuale di Frascati 2015, affermando la centralità dell’innovazione “relativa” – intesa come innovazione per l’impresa – rispetto a quella “assoluta”, riferita al mercato.
Il contesto normativo e giurisprudenziale
Il credito d’imposta R&S ha rappresentato, sin dalla sua introduzione, uno degli strumenti agevolativi più rilevanti nel panorama tributario nazionale. Tuttavia, l’ambiguità interpretativa della nozione di “ricerca e sviluppo” – in particolare sotto il profilo della novità – ha generato prassi amministrative restrittive, culminate nell’utilizzo da parte dell’Agenzia delle Entrate dei cinque criteri individuati dal Manuale OCSE di Frascati 2015: novità (assoluta), creatività, incertezza, sistematicità e trasferibilità. La Corte, con la decisione in oggetto, si è posta in aperto contrasto con tale orientamento, riaffermando la centralità della disciplina interna e delle sue fonti sovranazionali di riferimento, ossia la Comunicazione CE 2006/C 323/01, ancora oggi rilevante in virtù del rinvio operato dal D.M. 28 marzo 2008.
Il caso esaminato dalla Corte
La controversia prende origine da un contenzioso instaurato da una società di trasporti, le cui attività R&S – svolte nel biennio 2015-2016 – erano state escluse dal beneficio fiscale per presunta assenza dei cinque requisiti previsti dal Manuale OCSE 2015. L’Agenzia delle Entrate sosteneva che tali attività non fossero “innovative” in senso assoluto. La Corte ha disatteso l’impostazione dell’Amministrazione finanziaria su più fronti:
- Irrilevanza del Manuale di Frascati 2015: poiché la normativa domestica non richiama il manuale OCSE nella sua versione 2015, l’unico riferimento potenzialmente ammissibile – e solo in via sussidiaria – sarebbe quello alla versione 2002, che non contempla i cinque criteri restrittivi ma una definizione più ampia e accessibile di “novità”;
- Innovazione relativa: secondo la Corte, la ratio della disciplina fiscale impone una valutazione dell’innovazione non in termini assoluti (per il mercato), bensì relativi, cioè con riferimento allo “sforzo innovativo” compiuto dalla singola impresa rispetto al proprio stato dell’arte e alle conoscenze disponibili e accessibili al proprio interno;
- Conferma nelle Linee guida MIMIT 2024: la Corte valorizza il contenuto delle linee guida ministeriali del luglio 2024, che confermano la rilevanza dell’interpretazione estensiva e improntata alla valorizzazione dell’innovazione “per l’impresa”, coerente con la Comunicazione CE 2006/C 323/01.
La decisione rappresenta la prima applicazione giurisprudenziale delle Linee guida MIMIT 2024 in chiave favorevole al contribuente. Essa censura espressamente la prassi degli uffici, invitando a adottare una lettura conforme al dettato normativo e alla ratio incentivante della disciplina. Si auspica che tale orientamento possa costituire un punto di riferimento stabile per i contribuenti e per gli organi giurisdizionali, superando le rigidità interpretative che hanno caratterizzato il periodo successivo al 2015.
La sentenza della CGT della Lombardia segna quindi, un’importante evoluzione nel contenzioso sul credito d’imposta R&S. L’approccio sostanzialista e aziendalistico dell’“innovazione relativa” viene riaffermato in via giudiziale, contro l’interpretazione formalistica che ha, per anni, penalizzato le imprese italiane. Con l’avallo delle linee guida MIMIT del 2024, si apre ora un nuovo scenario interpretativo, più favorevole al tessuto produttivo nazionale.

