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08 Set 2025
News Terrin

Importo del TFM: la necessità di un parametro aderente alla realtà economica dell’impresa

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Il trattamento di fine mandato (TFM) degli amministratori rappresenta da tempo un terreno di confronto tra contribuenti e Amministrazione finanziaria. In passato, l’Agenzia delle Entrate ha sostenuto l’applicabilità dell’art. 2120 c.c. – relativo al trattamento di fine rapporto (TFR) dei lavoratori subordinati – per la quantificazione delle quote annuali, contestando la deducibilità degli accantonamenti calcolati con criteri diversi.

Tale orientamento è stato superato dalla Corte di Cassazione che, con pronunce recenti e costanti (tra cui Cass. n. 18026/2025 e n. 16352/2025), ha ribadito che non esiste una norma che imponga di determinare il TFM secondo i criteri del TFR. Pertanto, la disciplina di cui all’art. 2120 c.c. non è applicabile agli amministratori.

Ai fini fiscali, in virtù del combinato disposto degli artt. 17, co. 1, lett. c) e 105 del TUIR, le quote accantonate sono deducibili secondo il principio di competenza, purché il diritto all’indennità sia previsto in un atto scritto, con data certa anteriore all’inizio del rapporto, e con indicazione dell’importo. In mancanza, la deduzione sarà ammessa soltanto al momento dell’effettiva corresponsione.

I criteri di congruità: il richiamo alla realtà economica

La misura dell’accantonamento non è vincolata a parametri predeterminati, ma deve rispettare criteri di ragionevolezza e congruità in relazione alla realtà economica dell’impresa, come peraltro sostenuto dalla giurisprudenza (Cass. n. 28827/2021) e dall’Agenzia delle Entrate (ris. 124/2017). Ne deriva che la valutazione non può essere ancorata in via esclusiva né al compenso pattuito per l’amministratore né ai parametri del TFR, ma deve tenere conto delle dimensioni aziendali, del volume d’affari e del ruolo effettivamente svolto. La giurisprudenza di merito e di legittimità ha individuato alcuni criteri utili per qualificare come congruo l’accantonamento:

  • La CGT II Toscana, 31 ottobre 2023, n. 1079/1/23 ha ritenuto congruo un accantonamento annuo di 100.000 € a fronte di un reddito d’impresa di 300.000 € e di un utile civilistico di 55.000 €;
  • La CTR Piemonte, 11 febbraio 2022, n. 212/2/22 ha giudicato proporzionato un TFM di 150.000 € annui rispetto ad un volume d’affari di 2 milioni di Euro;
  • La Cassazione sezione penale, 27 giugno 2019, n. 28171 ha confermato che il compenso dell’amministratore non è l’unico parametro rilevante, dovendosi considerare anche volume d’affari e attività effettivamente prestata;
  • La CGT I Reggio Emilia, 19 dicembre 2022, n. 265/1/22 ha indicato un limite prudenziale del 30% del compenso annuale;
  • La CTR Lombardia, 3 dicembre 2018, n. 5280/18/18 ha convalidato un accantonamento del 20% del compenso annuo (120.000 €);
  • Il Tribunale di Milano, 7 marzo 2022, n. 1938 ha ritenuto congruo un accantonamento pari al 10% del compenso annuo.

Tali pronunce evidenziano come i giudici facciano ricorso a parametri differenti – dal volume d’affari alla percentuale sul compenso – sempre all’interno di una valutazione prudenziale e legata al contesto aziendale specifico. Pertanto, il principio che si consolida è che l’ammontare del TFM non può essere determinato in modo automatico, ma deve essere calibrato sulla realtà economica della società, assicurando proporzionalità e ragionevolezza.

L’orientamento giurisprudenziale offre così un quadro interpretativo sufficientemente chiaro, ma al tempo stesso flessibile, volto a garantire un corretto bilanciamento tra esigenze dell’impresa e tutela dell’erario.

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