NEWS
23 Ott 2025
News Terrin

Dividendi societari: verso l’abbandono dell’imponibilità ridotta al 5%

CONDIVIDI

Il Disegno di legge di bilancio 2026 introduce una profonda revisione del regime fiscale dei dividendi per le società, segnando una discontinuità con il sistema vigente sin dal 2004. L’attuale disciplina, contenuta nell’art. 89, comma 2, del TUIR, prevede l’imponibilità limitata al 5% dei dividendi percepiti da soggetti IRES. Tale beneficio verrebbe mantenuto soltanto per le partecipazioni pari o superiori al 10% nel capitale della società che distribuisce gli utili, includendo nel computo anche le partecipazioni indirette attraverso società controllate, con applicazione del relativo effetto demoltiplicativo.

Le modifiche si estendono anche all’art. 59, comma 1, del TUIR, con effetti sulle società di persone, le quali perderebbero la parziale esclusione dal reddito imponibile in mancanza della soglia minima di partecipazione del 10%. Per le partecipazioni “sotto soglia”, l’imponibilità diverrebbe integrale, in coerenza con il principio di derivazione del bilancio. Resterebbe invece invariato il trattamento per le persone fisiche.

Verso un regime “madre-figlia” interno

La nuova impostazione richiama, per analogia, il meccanismo previsto dalla direttiva 2011/96/UE sul regime “madre-figlia”, pur discostandosene su alcuni punti essenziali. Il Ddl di bilancio non prevede, infatti, un periodo minimo di possesso della partecipazione (12 mesi), elemento invece richiesto dalla normativa europea e dall’art. 87 del TUIR in materia di participation exemption.
Analoga impostazione differenziata si riscontra anche rispetto alla disciplina sull’imposizione minima globale recepita dal D.lgs. n. 209/2023, che considera equivalenti – ai fini del regime – i dividendi provenienti da partecipazioni almeno del 10% e quelli sotto soglia, purché detenuti da almeno un anno.

Le implicazioni pratiche e le asimmetrie potenziali

Un aspetto di rilievo riguarda la possibile frizione con l’art. 27, comma 3-ter, del DPR 600/73, che ha introdotto un’aliquota di ritenuta ridotta all’1,20% per i dividendi distribuiti a società residenti nell’Unione europea o nello Spazio economico europeo, indipendentemente dall’entità della partecipazione. In tal modo, l’imposizione complessiva era sostanzialmente equiparata a quella gravante su una società residente con tassazione del 24% su un imponibile pari al 5% del dividendo.

Con la nuova disciplina, tale equilibrio verrebbe meno: un socio UE continuerebbe a scontare un prelievo effettivo dell’1,20%, mentre un socio italiano, privo della partecipazione minima del 10%, subirebbe un’imposizione piena al 24%.

Decorrenza e regime transitorio

Le nuove disposizioni si applicherebbero alle distribuzioni di utili deliberate a partire dal 1° gennaio 2026, con riferimento al momento della delibera e non a quello della materiale corresponsione.
Tale criterio temporale riprende l’impostazione già adottata nel regime transitorio previsto dall’art. 1, comma 1006, della L. 205/2017, relativo alla riforma della tassazione dei dividendi percepiti dalle persone fisiche.

Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nel Principio di diritto n. 3/2022, resta ferma la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di riqualificare o disconoscere delibere meramente formali, qualora ne emerga la natura simulata o elusiva. Ciò potrà avvenire, in particolare, nei casi in cui la delibera di distribuzione sia seguita dalla restituzione, totale o parziale, delle somme al socio, ovvero qualora le modalità di pagamento prevedano termini eccessivamente dilatati nel tempo, tali da far presumere un intento diverso rispetto ad una genuina distribuzione di utili.

CONDIVIDI